Dialogue tag, i verbi che accompagnano i dialoghi

Agente Letterario | Editing e Promozione Libri Inediti | Francesca Costantino

Disse Mario, disse Luigi. E fu così che, a suon del verbo “dire”, un dialogo scade nella banalità.

Possibile, dico io, che un autore (che si auto-definisce tale) non conosca sinonimi per indicare il parlato e, quindi, non possieda un ampio lessico in lingua italiana? Sì, purtroppo è possibile.

Quanti manoscritti leggo di autori anche scafati e di certo non alle prime armi, dove per introdurre o concludere un dialogo si usa solo il verbo “dire”, infarcendo così il testo di ripetizioni e brutture. Tra l’altro, mi sembra anche scontato che un personaggio, mentre dialoga, stia “dicendo” qualcosa, quindi è ridondante ricordarlo al lettore, facendo del “dire” un verbo abusato oltre ogni misura.

Abilissimi autori (mi viene in mente McCarthy, ad esempio) sfruttano l’intonazione della voce, le parole dentro al dialogo stesso per indicare il tono e l’intenzionalità del personaggio, senza bisogno di usare alcun verbo, pensa tu! Incredibile… ebbene sì, è possibile. Ovviamente, ci vuole molta maestria.

Per chi non vuole o non riesce ad arrivare a simili raffinate scelte stilistiche, consiglio comunque di munirsi di un buon dizionario di sinonimi e contrari, perché esistono almeno 100, se non di più, verbi per indicare e dare enfasi ai dialoghi.

Abbiamo i classici verbi di risposta o di domanda: rispondere, chiedere, ripetere, affermare, replicare, ribattere…

Ancora, ci sono i verbi che contestano il contenuto del dialogo: chiarire, smentire, criticare, specificare, reagire…

Ricordo anche i verbi che esprimono emozioni varie: gridare, sibilare, zittire, scherzare, esultare, mugugnare…

Come non citare anche quei verbi che indicano un cambiamento nella voce del personaggio, e quindi nel suo stato d’animo, oppure aggiungono nuove informazioni: borbottare, urlare, farfugliare, aggiungere, narrare, riassumere, specificare…

Io, quando scrivo, amo usare il narratore, un cambio di postura, un atteggiamento fisico, un micromovimento del personaggio. Invece di fargli “dire” qualcosa, preferisco farlo muovere e usare la mimica facciale. In questo modo, non serve usare chissà quale verbo, nel dialogue tag, ma il lettore arriva subito a cogliere lo stato d’animo e il significato delle parole dette (o non dette).

Insomma, vi invito di nuovo a rileggere i vostri scritti ad alta voce, usando la giusta intonazione e, magari, anche con l’aiuto di un compagno. Se i verbi vicini ai dialoghi sono ridondanti, si possono togliere, modificare, aggiungere.

Quindi, come sempre, buona lettura e…buona scrittura!