Mio figlio, in seconda elementare, sta studiando ora il Verbo Essere e il Verbo Avere. A parte che, ogni volta che apre le pagine del suo libro di Grammatica, io – CHE LAVORO NEL CAMPO DELLA SCRITTURA! – mi sento ignorante… perché, si sa, la nostra lingua è complessa, e usiamo automaticamente (più o meno bene!) le sue tante regole; quindi, ripeterle e ristudiarle di nuovo può fare “strano.
A parte, questo, che camuffo benissimo con mio figlio con un “Ah, certo, MA è OVVIO!” e un sorriso forzato stampato sulla faccia, mi sono ricordata di quanto il significato di questi due verbi-base della lingua italiana sia importante, sia a livello di regole di scrittura, sia – e qui casca l’asino! – a livello inconscio e di cosa comunicano al nostro cervello le parole magiche “Essere” e “Avere”.
Qualche pillola di grammatica
Il verbo Essere, ausiliario se usato con altre parole o con significato proprio se usato da solo, è INTRANSITIVO, ovvero non si appoggia su parole successive al verbo (complemento oggetto), ma è caratteristica del soggetto della frase, non esprime dunque un’azione, ma l’Essenza propria del soggetto. Quindi, se “Maria è alta e mangia una mela”, l’altezza è una caratteristica propria di Maria e non della mela che sta mangiando!
Il verbo Avere ha invece funzione TRANSITIVA, quando indica Possesso, perché richiede il complemento oggetto (“Mario ha un maglione blu”).
Già qui notiamo le prime differenze tra verbo Essere e verbo Avere: per Essere bisogna avere solo il Soggetto, in una frase; per Avere, bisogna considerare per forza qualcosa “altro da” questo soggetto, quindi il Complemento oggetto.
Essere o Non-Essere?
Questo è il problema (dall’inglese: To be, or not to be? That is the question, questa è la “domanda”), diceva il caro Amleto, nell’opera di Shakespeare. Se conosciamo tutti questo modo di dire, inteso come riflessione profonda – e, di fatto, senza risposta – di un personaggio tragico che, al culmine della sua storia, si chiede cosa fare della sua stessa esistenza, si può capire allora quanto il verbo “Essere” sia fondamentale, per l’essere umano. Già che il nostro genere antropologico contiene la parola “essere” è una riflessione importante: umano è colui o colei che “è”; anzi, direi colui o colei che è consapevole della sua identità profonda, del suo essere “altro da”. Se l’uomo – o la donna – sono privati della loro identità o essenza, alla lunga muoiono (purtroppo, questo accade ed è accaduto durante le peggiori forme di torture mai inflitte, e proprio da mano umana, o dis-umana, in questo caso).
Dall’altro lato, quando Amleto parla al teschio, quindi si rivolge alla “morte” in senso figurato, perché non sa cosa fare della sua vita, il verbo Essere non lo aiuta certo ad agire, a prendere una decisione. Il verbo Essere indica uno stato, quindi è essenzialmente fermo, statico e non comporta generare azioni e comportamenti che possano davvero “cambiare” la propria vita, nei momenti in cui per noi è difficile capire cosa fare.
La società dell’opulenza
Avere, possedere qualcosa. Sembra che, nella nostra società consumistica, di stampo capitalista, l’obiettivo più importante sia “AVERE”: soldi, donne (o uomini), fama, visibilità… fosse anche solo per quei famosi “15 minuti” di cui parlava Andy Warhol. Anzi, oggi questi minuti sono molti di meno, visto che attraverso i video social “virali” si può raggiungere anche tutto il mondo, con pochi secondi di contenuti.
“Avere” implica agire per ottenere l’oggetto, perché l’oggetto interagisca col soggetto, quindi implica movimento e cambiamento, il che ha certo un lato positivo. Il problema sta quando il nostro unico obiettivo di vita è AVERE, inteso come “possedere”. Anche perché, la scarica di dopamina che riceve il cervello quando ottiene – ad esempio – più soldi diventa presto assuefazione, tanto che i soldi stessi non bastano e non basteranno mai, se ne chiederanno sempre di più, in un processo infinito e che alla lunga porta una grandissima insoddisfazione.
Il tuo protagonista punta all’Essere o all’Avere?
Questa riflessione indica quanto sia importante, per uno scrittore o scrittrice, conoscere le sfumature delle parole e il loro significato profondo, come interpretazione della nostra bellissima lingua italiana.
Nella caratterizzazione dei propri personaggi, allora, iniziamo a pensare a quale verbo sia più importante per loro, tra Essere e Avere, così da dare una connotazione profonda a ogni singolo personaggio, fatta di un primo strato di valori, che li porteranno poi ad agire (o a scegliere di non-agire) nel corso della loro evoluzione all’interno della trama.
Quindi, amici scrittori, come sempre, buona scrittura e buona lettura, con un piccolo quesito-provocatorio: e tu, nella vita, cosa hai scelto di perseguire di più, cosa per te è più importante, tra l’Essere o l’Avere?